Foto di Matthias Böckel da Pixabay 301222
Ma quante richieste diverse arrivano al banco di un bar, quante centinaia di preferenze ha chi ordina un caffè?
Riti, preferenze e tick di prendere un caffè quali sono? E ve li diciamo subito. C’è chi lo vuole lungo, chi corto, chi in tazza fredda, chi in bicchierino di vetro, chi corretto, chi schiumato… e chi più ne ha più ne metta. I modi, i riti, i gusti degli avventori sono innumerevoli, ciascuno ha il suo “tick”, la sua preferenza.
E la funzione del barista è quella di accontentare le richieste di tutti, munirsi di tanta pazienza e, a volte, deve essere in grado anche interpretare le esigenze a trabocchetto del cliente.
Eh sì, perché, per esempio, “ristrettissimo” o “lungo ma non troppo” sono indicazioni che implicano una valutazione molto soggettiva: quanto deve essere ristretto un caffè per essere “ristrettissimo”? Nella tazzina devono esserci solo poche gocce di caffè per berlo in meno di un istante? E, al contrario, quanto lungo deve essere un caffè “non troppo” lungo?
Bei dilemmi che il barista deve sciogliere prima con il cliente o correggere una volta servito al banco senza provocare le ire dell’avventore.
E ancora, oggi un “caffè corretto” non è più solo quello classico e tradizionale dei nostri avi, ovvero con un goccio di sambuca. Il progresso dei gusti impone che il caffè corretto può esserlo in vari modi “stravaganti”: alla nutella, con il cacao, con la granella. Tocca quindi al barista fare preventivamente la domanda giusta al cliente, che, spesso e volentieri, dimentica di specificare, essendo l’abitudine la sua condizione.
Insomma, gli italiani in particolare hanno mille e mille diverse abitudini (a volte anche scaramantiche) di fronte a una tazzina di caffè espresso al bar. E il barista deve essere in grado di soddisfarle tutte.
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